Dal glossario del testo di Jurg Willi , riporto la definizione etimologica del termine “Collusione”: dal latino colludere, giocare insieme. Nel testo, nell’accezione di intesa spesso inconscia e non ammessa, di gioco comune inconscio, tra i partner, i quali vi ricorrono e la mantengono a fini di difesa e superamento delle angosce e dei sensi di colpa da cui sono accomunati. Attraverso la collusione i partner si sentono ineluttabilmente connessi l’uno all’altro.
Quando due persone si incontrano ognuna porta con sé un bagaglio di modelli e abitudini relazionali, di “teorie” e aspettative, di bisogni da soddisfare, di domande alle quali rispondere per trovare una via d’uscita a difficoltà sentimentali precedenti, fantasie e bisogni evolutivi, o regressivi, spesso legati a ruoli e funzioni assunte all’interno della famiglia di origine o a precedenti rapporti di coppia.
Le persone quindi vivono le relazioni sentimentali non solo sulla base degli aspetti “pragmatici” e coscienti della relazione con l’altro, ma anche in funzione delle rappresentazioni interne, i modelli, che hanno costruito nel corso dell’esistenza all’interno dei rapporti più significativi.
Ma qual è il meccanismo attraverso il quale avviene la scelta di una persona piuttosto che di un’altra? Cosa del proprio bagaglio personale peserà maggiormente nell’effettuare la scelta? Gli aspetti implicati nel meccanismo di scelta sono molteplici: - l’altro, il partner, l’amato, è sempre, in parte, usato narcisisticamente come un contenitore per alcune parti di noi, cioè in lui proiettiamo uno o più aspetti complementari di noi. Questo meccanismo può investire parti idealizzate del sé, come per esempio nell’innamoramento, o parti indesiderabili, angoscianti e difficili da gestire. Questo processo può dimostrarsi evolutivo e favorire l’integrazione, quando il rapporto con il partner permette di riconoscere e bonificare le parti di noi che abbiamo fino a quel momento respinto, diminuendo anche la proiezione di aspetti scissi; o, al contrario, questo meccanismo può andare nella direzione di un uso difensivo dell’altro, per cui la relazione con lui diventa il mezzo per negare la propria realtà psichica, ignorando e misconoscendo le parti del sé che sono state risposte nel partner, e mantenendo allo stesso tempo anche un controllo sugli aspetti angoscianti e ingestibili del sé. - la scelta del partner, da questo punto di vista, è tutt’altro che casuale, infatti il prescelto deve rappresentare il contenitore “adatto” alle proiezioni e questo deve avvenire per entrambi i membri della coppia: si creano così contesti interattivi circolari all’interno dei quali entrambi i coniugi si trovano ad agire e pensare inconsapevolmente secondo modalità analoghe o contrarie a quelle indotte nell’altro dalle proprie proiezioni. Nel corso di relazioni di coppia significative è possibile osservare questo adattamento reciproco che può, come già detto, essere dinamico, cioè evolutivo e facilitante l’integrazione, o rigido e difensivo. Integrare significa poter riprendere su di sé tanto le parti buone quanto quelle inaccessibili, ma anche saper riconoscere la separatezza e la diversità dell’altro rispetto a noi (ibidem). In questo senso diversi autori, si riferiscono al matrimonio come a una relazione terapeutica naturale, cioè a un terreno comune di scambio all’interno del quale è possibile trovare un contenitore idoneo all’elaborazione ed integrazione dei nuclei non risolti di ognuno di noi. In quest’ottica i lutti e le separazioni sono esperienze molto difficili da affrontare perché comportano la perdita, oltre che della persona reale, anche di aspetti del proprio sé, del senso di identità ed equilibrio interno che è stato affidato all’essere in coppia.
- Un altro aspetto coinvolto nella scelta del partner ha a che fare con come ci rappresentiamo il “noi”: questa rappresentazione interna della relazione con l’altro permette di discriminare affettivamente ciò che può essere condiviso da ciò che non lo è. Il tema della condivisione rimanda automaticamente anche al suo contrario, cioè al senso di esclusione, e a come sono stati affrontati non solo i momenti di non incontro con le figure significative, ma anche quelli di esclusione all’interno di dinamiche triangolari, quelle edipiche innanzi tutto, ma anche quelle che coinvolgono i fratelli in alleanze e coalizioni, sia orizzontali, che verticali.
- Ultimo elemento, ma non meno importante degli altri, è il modello di coppia che ci portiamo dentro, così come l’abbiamo interiorizzato sulla base della nostra esperienza con i genitori. Il progressivo sovrapporsi di configurazioni di coppia nei vari periodi evolutivi (dall’idealizzazione dei genitori nella prima infanzia, alla coppia che proibisce del periodo edipico, fino alla coppia “smembrata” dallo spirito critico e dalla contestazione adolescenziale e “ricomposta” con l’apporto di altri modelli anche esterni alla famiglia) subisce una progressiva integrazione che nell’adulto raggiunge la rappresentazione interiorizzata di coppia. Questo schema definisce ciò che ci aspettiamo dall’ “essere insieme” e influenza una porzione rilevante della vita affettiva perché può o meno favorire la capacità di instaurare rapporti di coppia nella vita adulta, nel senso che questi saranno “usati” per confermare o smentire le attese sulla relazione di coppia. Se da un lato infatti questo schema orienta la qualità delle relazioni interpersonali e con il tempo subisce un progressivo accomodamento alla realtà, dall’altro è possibile che permangano aspetti irrisolti che non si piegano all’esame di realtà.
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